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.Ali hanno late, e colli e visi umani,pi� con artigli, e pennuto 'l gran ventre;fanno lamenti in su li alberi strani.E 'l buon maestro �Prima che pi� entre,sappi che se' nel secondo girone�,mi cominci� a dire, �e sarai mentreche tu verrai ne l'orribil sabbione.Per� riguarda ben; s� vederaicose che torrien fede al mio sermone�.Io sentia d'ogne parte trarre guaie non vedea persona che 'l facesse;per ch'io tutto smarrito m'arrestai.55 Dante Alighieri - La Divina Commedia____________________________________________________Cred' �o ch'ei credette ch'io credesseche tante voci uscisser, tra quei bronchi,da gente che per noi si nascondesse.Per� disse 'l maestro: �Se tu tronchiqualche fraschetta d'una d'este piante,li pensier c'hai si faran tutti monchi�.Allor porsi la mano un poco avantee colsi un ramicel da un gran pruno;e 'l tronco suo grid�: �Perch� mi schiante?�.Da che fatto fu poi di sangue bruno,ricominci� a dir: �Perch� mi scerpi?non hai tu spirto di pietade alcuno?Uomini fummo, e or siam fatti sterpi:ben dovrebb' esser la tua man pi� pia,se state fossimo anime di serpi�.Come d'un stizzo verde ch'arso siada l'un de' capi, che da l'altro gemee cigola per vento che va via,s� de la scheggia rotta usciva insiemeparole e sangue; ond' io lasciai la cimacadere, e stetti come l'uom che teme.�S'elli avesse potuto creder prima�,rispuose 'l savio mio, �anima lesa,ci� c'ha veduto pur con la mia rima,non averebbe in te la man distesa;ma la cosa incredibile mi feceindurlo ad ovra ch'a me stesso pesa.Ma dilli chi tu fosti, s� che 'n veced'alcun' ammenda tua fama rinfreschinel mondo s�, dove tornar li lece�.E 'l tronco: �S� col dolce dir m'adeschi,ch'i' non posso tacere; e voi non graviperch' �o un poco a ragionar m'inveschi.56 Dante Alighieri - La Divina Commedia____________________________________________________Io son colui che tenni ambo le chiavidel cor di Federigo, e che le volsi,serrando e diserrando, s� soavi,che dal secreto suo quasi ogn' uom tolsi;fede portai al glor�oso offizio,tanto ch'i' ne perde' li sonni e ' polsi.La meretrice che mai da l'ospiziodi Cesare non torse li occhi putti,morte comune e de le corti vizio,infiamm� contra me li animi tutti;e li 'nfiammati infiammar s� Augusto,che ' lieti onor tornaro in tristi lutti.L'animo mio, per disdegnoso gusto,credendo col morir fuggir disdegno,ingiusto fece me contra me giusto.Per le nove radici d'esto legnovi giuro che gi� mai non ruppi fedeal mio segnor, che fu d'onor s� degno.E se di voi alcun nel mondo riede,conforti la memoria mia, che giaceancor del colpo che 'nvidia le diede�.Un poco attese, e poi �Da ch'el si tace�,disse 'l poeta a me, �non perder l'ora;ma parla, e chiedi a lui, se pi� ti piace�.Ond' �o a lui: �Domandal tu ancoradi quel che credi ch'a me satisfaccia;ch'i' non potrei, tanta piet� m'accora�.Perci� ricominci�: �Se l'om ti faccialiberamente ci� che 'l tuo dir priega,spirito incarcerato, ancor ti piacciadi dirne come l'anima si legain questi nocchi; e dinne, se tu puoi,57 Dante Alighieri - La Divina Commedia____________________________________________________s'alcuna mai di tai membra si spiega�.Allor soffi� il tronco forte, e poisi convert� quel vento in cotal voce:�Brievemente sar� risposto a voi.Quando si parte l'anima ferocedal corpo ond' ella stessa s'� disvelta,Min�s la manda a la settima foce.Cade in la selva, e non l'� parte scelta;ma l� dove fortuna la balestra,quivi germoglia come gran di spelta.Surge in vermena e in pianta silvestra:l'Arpie, pascendo poi de le sue foglie,fanno dolore, e al dolor fenestra.Come l'altre verrem per nostre spoglie,ma non per� ch'alcuna sen rivesta,ch� non � giusto aver ci� ch'om si toglie.Qui le strascineremo, e per la mestaselva saranno i nostri corpi appesi,ciascuno al prun de l'ombra sua molesta�.Noi eravamo ancora al tronco attesi,credendo ch'altro ne volesse dire,quando noi fummo d'un romor sorpresi,similemente a colui che veniresente 'l porco e la caccia a la sua posta,ch'ode le bestie, e le frasche stormire.Ed ecco due da la sinistra costa,nudi e graffiati, fuggendo s� forte,che de la selva rompieno ogne rosta.Quel dinanzi: �Or accorri, accorri, morte!�.E l'altro, cui pareva tardar troppo,gridava: �Lano, s� non furo accortele gambe tue a le giostre dal Toppo!�.58 Dante Alighieri - La Divina Commedia____________________________________________________E poi che forse li fallia la lena,di s� e d'un cespuglio fece un groppo.Di rietro a loro era la selva pienadi nere cagne, bramose e correnticome veltri ch'uscisser di catena.In quel che s'appiatt� miser li denti,e quel dilaceraro a brano a brano;poi sen portar quelle membra dolenti.Presemi allor la mia scorta per mano,e menommi al cespuglio che piangeaper le rotture sanguinenti in vano.�O Iacopo�, dicea, �da Santo Andrea,che t'� giovato di me fare schermo?che colpa ho io de la tua vita rea?�.Quando 'l maestro fu sovr' esso fermo,disse: �Chi fosti, che per tante puntesoffi con sangue doloroso sermo?�.Ed elli a noi: �O anime che giuntesiete a veder lo strazio disonestoc'ha le mie fronde s� da me disgiunte,raccoglietele al pi� del tristo cesto.I' fui de la citt� che nel Batistamut� 'l primo padrone; ond' ei per questosempre con l'arte sua la far� trista;e se non fosse che 'n sul passo d'Arnorimane ancor di lui alcuna vista,que' cittadin che poi la rifondarnosovra 'l cener che d'Attila rimase,avrebber fatto lavorare indarno.Io fei gibetto a me de le mie case� [ Pobierz całość w formacie PDF ]
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